Se c’è un giocatore che ha fatto innamorare molti del calcio è sicuramente Ronaldinho, il brasiliano infatti è stato una delle personalità più iconiche del panorama calcistico dell’ultimo decennio. L’attaccante era un vero e proprio incubo per le difese avversarie dove faceva il bello e il cattivo tempo, i suoi lampi di classe e le sue incursioni erano spesso fatali per le compagini opposte. Scopriamo quali sono state le più grandi perle di Ronaldinho ripercorrendone la carriera.
– L’infanzia e i primi passi nel mondo del calcio
Ronaldo de Assis Moreira nasce e trascorre la propria infanzia a Porto Alegre insieme ai suoi genitori, al fratello e alla sorella. Dopo aver perso il padre per infarto ad otto anni si avvicina molto al fratello Roberto, talentuoso giocatore che presto sarà acquistato dal Gremio, squadra dove anche lui muoverà poi i primi passi e inizierà a farsi conoscere come “Ronaldinho”.
Il ragazzo che da piccolo per migliorare il dribbling si allenava con il cane “BomBom” (come scriverà in una lettera a se stesso) ben presto approderà tra le fila della nazionale brasiliana e nel 1997 vincerà il mondiale con la selezione Under 17 del Brasile. Dopo aver fatto esperienza nelle giovanili fa il suo debutto con la prima squadra del Gremio nel 1998. Parte così la parabola ascendente del futuro asso brasiliano.
– L’arrivo al Paris Saint-Germain
Dopo aver giocato e fatto faville in patria, consigliato dal fratello diventato il suo procuratore, decide di fare il salto di qualità e affacciarsi al calcio europeo facendosi le ossa in qualche squadra che gli consentisse di esprimersi al meglio.
Nel gennaio 2001 il giocatore viene così acquistato dal Paris Saint-Germain che dà l’annuncio del trasferimento senza il benestare da parte del Gremio.
La vicenda causerà non poche polemiche arrivando perfino nei tribunali brasiliani e della FIFA che si pronunciano in favore della società carioca riconoscendole un risarcimento di 6,4 milioni di euro. Il trasferimento del giocatore sarà quindi ufficializzato solo ad agosto.
Con i parigini esordisce nell’agosto 2001 e si ambienta quasi subito segnando diciassette gol in cinquantacinque presenze collezionate in due stagioni. Nel 2002 vincerà anche i mondiali di Corea giocando insieme a giocatori del calibro di Rivaldo, Ronaldo (il grande), Roberto Carlos, Cafu e tanti altri.
Il valore di Ronaldinho aumenta a dismisura e, visto che i parigini non si sono qualificati per nessuna coppa europea, decide di lasciare la capitale francese per stabilirsi in Spagna, a Barcellona, con i catalani che sborsano circa trentadue milioni per assicurarsi le prestazioni del carioca. Della permanenza dell’attaccante a Parigi rimarranno impresse le prodezze realizzate sui calci di punizione, i suoi dribbling ubriacanti e sicuramente il sorriso, suo marchio di fabbrica, sempre stampato in faccia.
– Gli anni catalani
Barcellona diventa presto la sua seconda casa poiché la mentalità ivi vigente è molto simile a quella del brasiliano, un modo libero di concepire il calcio (e la vita) scevro di costrizioni tanto ostiche a Ronaldinho.
Un simpatico aneddoto narra addirittura che il carioca facesse ascoltare la samba ai compagni nello spogliatoio prima delle partite. Nel primo campionato in maglia Blaugrana l’attaccante colleziona un bottino di quindici gol e sei assist in trentadue presenze e, nel novembre del 2004, sarà eletto giocatore dell’anno.
Ronaldinho però è anche un leader che sa come rendere coeso un gruppo, prende infatti sotto la sua ala protettiva il futuro fuoriclasse Messi e sarà lui a fargli segnare il primo gol con un assist a pallonetto di pregevolissima fattura. Un’altra vicenda assai curiosa è raccontata da Andres Iniesta nella sua biografia:
Mancava qualche giorno al Clásico con il Real Madrid, Dinho mi telefonò a casa in piena notte. Risposi al telefono e mi disse: ‘Andrés, lo so che sono le 3 del mattino, ma devo dirti una cosa. A giugno vado via. Mio fratello si sta mettendo d’accordo con il Real… Sono cifre incredibili, non posso dire di no… Tu sei giovane puoi capirmi. Mi raccomando però non dire nulla nello spogliatoio e alla società, non tradirmi, mi fido di te più di chiunque altro. Notte Andres…’
Non mi diede il tempo di parlare, attaccò subito il telefono. Il giorno dopo eravamo sul campo ad allenarci e sentivo intorno uno strano silenzio. Tutta la squadra era strana, coccolavano Dinho come mai prima. C’era un’atmosfera surreale…
Arrivò il giorno del Clásico e negli spogliatoi del Santiago Bernabeu, Dinho prese parola dicendo: ‘Ragazzi, oggi giochiamo una partita importante, questi sono forti, ma in questi giorni ho scoperto che siamo come una famiglia. Ho chiamato tutti voi in piena notte dicendo che sarei andato via a giugno, ma nessuno di voi ha parlato. Dopo questa cosa, ho capito che siamo disposti tutti a morire dentro pur di non tradirci. Io rimarrò qui per molti anni ancora. Ora usciamo in campo e andiamo ad insegnare calcio a questi di Madrid’.
In quel Clàsico del 2005 il brasiliano mostrerà al mondo tutta la sua fantasia e la destrezza nel dribbling distruggendo i rivali del Real Madrid con una doppietta che, insieme al gol di Eto’o, andrà a formare un pesante passivo di 3 reti a 0. Una prestazione talmente magnifica che gli vale la standing ovation del Bernabeu all’uscita dal campo (solo pochi eletti l’hanno ricevuta, specialmente se giocatori dei rivali blau-grana), una scena talmente leggendaria da essere ripresa nel film “Goal 2“. Poco tempo dopo verrà rieletto giocatore dell’anno, vincerà un meritatissimo Pallone d’Oro oltre alla Liga ed alla Champions League.
Le ultime due annate in Catalunya non sono esaltanti allo stesso modo e, a parte qualche lampo di classe, Ronaldinho finisce sempre più ai margini del progetto Barcellona che nel frattempo affida la guida tecnica a Guardiola dopo l’addio di Rijkaard. Nell’estate del 2008 l’asso brasiliano decide quindi di spostarsi in direzione Milano, sponda Milan.
– Ronaldinho giocatore del Milan
L’impatto del trequartista con il Milan delle stelle (in cui figuravano anche Kaká, Pirlo e Shevchenko) è sicuramente importante.
La prima rete regala la vittoria del derby ai rossoneri a spese dell’Inter e accresce ancora di più la sua leggenda. Memorabile è la tripletta di Siena: il brasiliano prima trasforma un rigore e poi, dopo tante giocate di alto livello, mette a segno altre due reti: una di testa su un calcio d’angolo telecomandato calciato da Beckham e un’altra allo scadere con un tiro potentissimo all’incrocio dopo aver lasciato di sasso un’avversario. Sembrava una conferma per il brasiliano ma, complice un calo fisico, il carioca non riesce a ripetersi nella seconda parte di campionato e scivola sempre più spesso in panchina anche a causa della sua incollocabilità nello scacchiere tattico di Ancelotti.
Nonostante tutto Ronaldinho viene eletto come giocatore del decennio e, nel campionato successivo, collezionerà 12 gol e 17 assist diventando il miglior assist-man della Serie A. Con l’arrivo di Allegri e l’esclusione dai titolari decide di salutare l’Italia per tornare in Brasile, al Flamengo per scrivere altre pagine di storia.
– Fine di una carriera eccezionale
Al Flamengo il brasiliano dimostra di poter fare ancora la differenza e in 72 partite realizza 28 reti, vince il campionato Carioca e a fine stagione passa all’Atletico Mineiro dopo una diverbio con la dirigenza per aspetti amministrativi. Con la nuova squadra vince una Coppa Libertadores diventando il primo giocatore a vincere nel corso della sua carriera il Mondiale, la Coppa America, il Pallone d’oro, la Champions League e la Coppa Libertadores, un altro record.
Spettacolare nel 2012 è stata la sfida che vedrà la squadra di Ronaldinho trionfare contro il Santos di Neymar, come sempre il “Gaucho” è decisivo e il connazionale avversario gli rende il giusto omaggio mimandogli il gesto dell’inchino. Dopo l’esperienza in bianconero l’attaccante giocherà con il Querétaro e, in seguito, con il Fluminense dove rescinderà il contratto per poi ritirarsi il 16 gennaio 2018. Finisce così la carriera del carioca che ha emozionato tutti gli amanti di questo sport. In totale ha collezionato 196 gol e 161 assist.
Sicuramente di lui, oltre alle gesta ed al palmares, verrà ricordato il sorriso che lo ha accompagnato per tutta la carriera. Se lo si potesse descrivere con tre sostantivi sarebbero sicuramente: fantasia, sorriso e samba.